“Se non sai apprezzare un complimento hai dei problemi” è la classica risposta che una donna riceve se prova a rispedire al mittente una molestia subita in strada. Quei “Ciao bella!/Ciao bambola!” continuano ancora a non essere riconosciuti come forme di abuso esercitate da chi pretende di poter liberamente esprimersi sul corpo altrui.
Una risposta al cat calling – questo il nome del fenomeno – non sta infatti nel dare ad una donna gli strumenti per farsi scudo delle parole, ma piuttosto nel far capire agli uomini che quanto detto è una molestia. Forme di sopraffazione che si esercitano non solo sui corpi, ma si impongono anche sui luoghi. Basta lanciare uno sguardo sui luoghi delle relazioni per notare quanto i corpi femminili siano ancora relegati nell’immaginario della domesticità, esclusi da uno spazio pubblico che spesso trascura i bisogni, gli interessi e le abitudini delle donne la cui vulnerabilità o oppressione finisce per essere accentuata.
Le nostre città sono pensate e costruite da e per uomini, ne assecondano i desideri, le abitudini, ne celebrano fasti e glorie. E no, non è solo una questione toponomastica: sono pochi gli spazi e i servizi pensati per essere fruiti anche dalle donne, indipendentemente dall’essere lavoratrici, madri e impegnate in altre funzioni di cura.
Il modo di vivere e usare uno spazio urbano cambia in base alle persone, varia in base al loro genere, alla loro età e alla diversa condizione economica, sociale e culturale. Basterebbe solo questa constatazione per ridisegnare e trasformare le città, rendendole sempre più inclusive e accessibili. Le città sono di chi le abita e devono essere spazi equi, garantire una mobilità che consenta a chiunque di spostarsi agevolmente e in sicurezza, promuovere integrazione tra le diverse aree residenziali, e soprattutto potenziare servizi in funzione delle necessità delle donne: sono loro il vero indicatore delle trasformazioni ed è a loro che occorre guardare se si vogliono comprendere i bisogni della società.
E Palermo? Quanto dello spazio pubblico è pensato per le donne? E quanto le donne si riconoscono negli spazi che attraversano? Da queste riflessioni e interrogativi nasce Palermo è fimmina, progetto che non solo propone una diversa narrativa rispetto alla donna nello spazio urbano ma si fa carico di forti azioni di sensibilizzazione e informazione rispetto alla parità di genere, incoraggiando le residenti e un gruppo di giovani volontarie a riappropriarsi con determinazione della città e della propria libertà, sensibilizzando la comunità sul tema del cat calling. “Palermo è fimmina”, ideato e sviluppato da Maghweb, è sostenuto dall’ Agenzia Nazionale Giovani – ANG attraverso il programma European Solidarity Corps.