Per vincere una guerra bisogna “vivere con la gente”, si legge nella dottrina militare FM-3 24 elaborata nel 2006 dal generale David Petraeus. Ai suoi uomini Petraeus ripeteva che non basta l’uso della forza, deve esserci anche l’uso delle idee. Con il secondo mandato di Hamid Karzai – rieletto nel 2009 – in Afghanistan si è deciso di andare oltre la guerra, sviluppando piani di peacebuilding supportati da governo e istituzioni locali. Sviluppando idee. Come quella di reintegrare nella società ex-combattenti con l’obiettivo di permettere loro – si legge in un report delle Nazioni Unite – “di lasciarsi la vita da combattente alle spalle per riconciliarsi con le proprie comunità e i propri amici”.
A dire il vero è molto più che un’idea. E’ un progetto da 221 milioni di dollari. Si chiama APRP – acronimo che sta per Afghanistan Peace and Reintegration Programme – ed è attivo dall’agosto del 2010 con l’obiettivo di “lavorare alla promozione della pace, alla riconciliazione e alla sicurezza delle comunità afghane attraverso campagne di divulgazione, di reintegro e di comunità di recupero”. Il progetto è promosso dallo UNDP delle Nazioni Unite – l’agenzia centrale di finanziamento e coordinamento delle attività di cooperazione allo sviluppo delle Nazioni Unite – ed è stato riconosciuto e implementato dall’allora presidente Hamid Karzai con un decreto firmato il 29 giugno del 2010. Più della metà dei fondi – circa 131 milioni di dollari – arrivano direttamente da sette paesi donatori. Cinque sono europei – Italia, Germania, Spagna, Olanda e Danimarca – a cui si aggiungono Giappone e Corea del Sud. Il paese maggiormente impegnato a favore della causa è il Giappone con 67 milioni di dollari, seguito dalla Germania con 39 milioni di dollari mentre l’Italia partecipa al progetto contribuendo per 5,68 milioni di dollari.
Il progetto opera in maniera capillare lungo quasi l’intero Afghanistan – 33 province sulle 34 totali – e si basa su un processo graduale di reinserimento nella società degli ex-combattenti. Il primo passo è quello dell’immunità penale per coloro che spontaneamente decidono di far parte del programma. Il secondo è quello di fornire sussidi e assistenza finanziaria. In ultimo il programma prevede la possibilità di cogliere opportunità lavorative messe a disposizione dallo UNPD e dal governo afghano. Ad esempio 125 ex-combattenti hanno trovato impiego come capimastro, guardie e operai nell’ambito del Road Maintenance Corps Project, un progetto che prevede la realizzazione di 1500 chilometri di strade percorribili in Afghanistan.
Gli ultimi dati disponibili – aggiornati a dicembre del 2014 – ci dicono che nell’ultimo anno 1.816 ex-combattenti hanno deciso di cambiare vita prendendo parte al programma APRP. Sono 9.512 in tutto dal 2010, e tra loro 871 sono ex-comandanti o leader locali. I Transitional Assistance – ovvero i sussidi economici – nell’ultimo anno sono stati distribuiti a 1.694 ex-combattenti, portando il numero totale a 9.320 in cinque anni di attività. I progetti completati sin qui sono 130, mentre 156 sono quelli ancora in corso. Un altro dato da segnalare è quello legato alle armi riconsegnate: sono 1.188 quelle registrate nell’ultimo anno, per un totale di 7.332 armi catalogate e registrate dai funzionari delle Nazioni Unite.
Il programma APRP terminerà a dicembre del 2015 per poi – si legge in un report datato aprile 2014 – “aprirsi a nuove opportunità dopo il ritiro delle truppe della coalizione internazionale”. Dalla data del report i piani di disimpegno militare sono però cambiati e non è specificato se il programma verrà prorogato. Rispetto ai numeri dati dal Presidente Obama il 27 maggio scorso, è infatti slittato il dimezzamento dei 9.800 soldati attualmente di stanza in Afghanistan fino a fine 2015. I termini andranno rivisti a fine anno – ha annunciato la Casa Bianca il 24 marzo scorso – mentre la guerra, almeno sulla carta, si è conclusa lo scorso 28 dicembre con una cerimonia militare a Kabul.