Di Silvio Majorino – Con l’aggravarsi delle crisi internazionali, i flussi di migranti hanno ormai raggiunto una dimensione tale da mettere in crisi l’Europa e i suoi valori di apertura e accoglienza. Da alcuni mesi ormai un continente di mezzo miliardo di abitanti sta voltando le spalle a mezzo milione di persone che chiedono semplicemente un rifugio e un futuro.
Ma mentre i singoli Paesi si attrezzano per costruire muri e barriere di ogni tipo e per impedire una paventata “invasione”, si fa strada un progetto che potrebbe rappresentare una svolta in materia di accoglienza. Un progetto che è già attivo, e che ha portato in Italia i primi richiedenti asilo siriani il 4 febbraio scorso, in tutta sicurezza, senza rischi e senza spese per la collettività.
L’idea parte da due associazioni a sfondo religioso provenienti da contesti diversi: la Comunità di Sant’Egidio e Mediterranean Hope, un’associazione afferente alla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI) e si basa sulla costituzione di cosiddetti “corridoi umanitari”.
In questo caso i corridoi umanitari sono intesi come la possibilità per i migranti di arrivare legalmente ed in tutta sicurezza in Italia, evitando i rischi del viaggio ed evitando il fenomeno della tratta e del traffico di essere umani.
Il sistema è abbastanza semplice: attraverso degli uffici situati in Paesi terzi sicuri, in questo caso Libano, Marocco e, a breve, Etiopia, vengono rilasciati dei visti a soggetti appartenenti a “categorie vulnerabili” come donne incinte o con bambini piccoli, anziani o disabili. Le due associazioni, in accordo con i ministeri dell’Interno e degli Esteri, sono riuscite a garantire l’arrivo in Italia di circa mille persone entro l’anno e il tipo di visto è quello rilasciato per motivi umanitari “a territorialità limitata”. Chi avrà accesso ai benefici derivanti dal progetto potrà quindi essere mandato soltanto in Italia.
I “desk” di FCEI e Sant’Egidio servono proprio a facilitare il rilascio di questi visti da parte delle ambasciate italiane presenti nei rispettivi Paesi. Ma non solo.
Ci si occuperà anche di organizzare i viaggi in nave o aereo verso l’Italia e di garantire un’accoglienza degna per tutta la durata dell’esame della richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato (in genere dai tre ai nove mesi).
L’efficacia del progetto sta anche nella sostenibilità economica: tutte le spese infatti sono a carico dei due istituti, grazie ai fondi dell’8 per mille della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e quelli propri della Comunità di Sant’Egidio. Non verrà speso un euro di finanza pubblica.
Quello che più colpisce di questo progetto è il modo in cui fa emergere tutte le contraddizioni europee in tema di immigrazione: il Regolamento di Dublino, che impone ai migranti di rimanere bloccati nel Paese di arrivo; le politiche miopi dei singoli Stati, che non fanno altro che rimbalzarsi a vicenda le responsabilità dell’accoglienza; le politiche europee riguardo i visti, che pure esistono ma che non sono mai state attuate. I trattati, infatti, prevedono che l’UE abbia la possibilità di aprire degli uffici di rappresentanza dove rilasciare dei visti con validità europea. Ma motivazioni politiche ne hanno sempre impedito l’attuazione.
Chiaramente questa non vuole né può essere una soluzione alla crisi migratoria attuale. Garantire un ingresso legale, altrimenti impossibile, a soli mille migranti in un anno non è che una goccia nel mare. Ma è un ottimo progetto pilota, che può tracciare un sentiero virtuoso su molti fronti. Se adottato su larga scala, e quindi in primis dall’Unione Europea, questo modo di agire potrebbe far crollare il numero di morti in mare e annullare le tragedie quotidiane dei naufragi nel Mediterraneo; potrebbe dare un colpo fatale al traffico criminale di essere umani in atto in Europa ma anche in Nord Africa e in Medio Oriente; ma soprattutto potrebbe “incanalare” il flusso dei migranti in modo ordinato, gestibile e molto più sicuro.