“Caro (tanto sei costato all’umanità) Henry Kissinger,
lunedì 8 luglio avremmo voluto condividere con te la lettura della sentenza della prima Corte d’Assise d’Appello di Roma con la quale sono stati condannati all’ergastolo i 24 ex militari delle dittature di Uruguay, Cile, Bolivia e Perù imputati nel processo legato all’operazione Condor.
Questa sentenza ribalta quella di primo grado del 17 gennaio 2017, in cui, su un totale di 33 imputati, erano stati condannati solo i vertici del Plan Condor, otto tra presidenti e ministri, mentre diciannove fra ex militari e agenti dei servizi di sicurezza nazionale erano stati assolti. Le accuse riguardavano inizialmente casi di sequestro e omicidio, ma la prima delle due accuse cadde per prescrizione. Altri sei morirono nel corso del processo.
Potrebbe darsi che adesso, novantaseienne (96!), con il tuo vissuto pieno di eventi e aneddoti memorabili, l’abbia dimenticata la Operación Condor.
Sia chiaro, noi non vorremmo mai fare uno sgarbo a colui che fu consigliere per la sicurezza nazionale e segretario di stato degli Stati Uniti d’America durante le presidenze di Richard Nixon e di Gerald Ford tra il 1969 e il 1977 e che addirittura nel 1973, anno del golpe cileno sostenuto e finanziato da te e dal tuo governo, fu insignito del premio Nobel per la Pace insieme al vietnamita Le DucTho per l’avvio della ricomposizione del conflitto vietnamita.
L’Operación Condor ebbe luogo tra gli anni ’70 e ’80 del secolo scorso e fu “un’operazione clandestina decisa dai vertici delle dittature di Cile, Argentina, Brasile, Bolivia, Paraguay e Uruguay tesa a perseguire ed eliminare dissidenti dovunque essi si trovassero. Il piano portò alla formazione di una rete composta dai servizi di intelligence dei paesi coinvolti, con la collaborazione di FBI e CIA e con sede di collegamento nella zona del canale di Panama. La motivazione principale, naturalmente segreta, fu di neutralizzare il comunismo nella regione, cosa che si tradusse in un’escalation del terrorismo di Stato”. (Stati Uniti e America Latina dal 1945 a oggi, Raffaele Nocera, Carocci, 2005)
Saremmo curiosi di un tuo commento sul primo processo in Europa che emette delle condanne per reati commessi nell’ambito del Plan Condor. Sono passati più di vent’anni dall’indagine condotta dal giudice spagnolo Baltasar Garzòn che nel ‘98 spiccò un mandato di arresto internazionale nei confronti dell’ex dittatore cileno Augusto Pinochet, per crimini contro l’umanità. Un anno dopo, il procuratore Giancarlo Capaldo aprì un’indagine relativa ad omicidi e sparizione di italiani avvenuti nell’ambito della stessa operazione terroristica. Nel 2006 Capaldo unificò le inchieste, concluse l’indagine ed emise 146 mandati di arresti contro i militari e i torturatori che agirono indisturbati nel Cono Sur (regione geografica comprendente quei paesi sudamericani che sono al di sotto del Tropico del Capricorno).
E perché no, Henry, che ne diresti di assistere insieme alle motivazioni della sentenza che verranno pubblicate fra meno di 90 giorni?
Sarebbe eccitante come assistere ad una partita di baseball, non credi?
Forse di più, visto che stiamo parlando della più grande operazione di terrorismo di stato finalizzata alla realizzazione di complotti e cospirazioni per catturare, interrogare, torturare e uccidere i propri oppositori politici, e sostenere le dittature attraverso aiuti economici, addestramento e forniture militari, preparazione e organizzazione dell’intelligence. Studenti, giornalisti, intellettuali, professori universitari, sindacalisti, operai, ambasciatori, politici, dissidenti e relativi familiari senza risparmiare i rifugiati all’estero.
50.000 persone assassinate, 30.000 desaparecidos e 400.000 incarcerazioni arbitrarie.
Non ci accuserai mica di comunismo, Henry…?! Suvvia, sono i numeri degli archivi del terrore scoperti in Paraguay nel 1992, mica statistiche tirate fuori dal nostro cilindro. Un macabro inventario, al quale tu e il tuo compagno di merende Richard Nixon avete dato un importante, decisivo contributo.
Anche dall’Europa venne fornito un importante contributo nella pianificazione di questo gigantesco progetto di criminalizzazione del dissenso.
La giornalista francese Marie-Monique Robin scoprì negli archivi del ministero degli esteri francese (Quai d’Orsay) documenti originali che dimostravano l’attuazione di un piano per creare in Argentina una “base operativa militare francese”, all’interno della quale ufficiali francesi, esperti in antiguerriglia e controinsurrezione, avrebbero addestrato militari argentini in tecniche di tortura e sequestro di dissidenti e oppositori politici. Gli ufficiali francesi erano tutti veterani della guerra d’Algeria e tra i migliori professionisti in tali “materie”. La collaborazione andò avanti, dagli anni settanta, fino al 1981, anno in cui fu eletto presidente il socialista François Mitterrand. Durante la Battaglia di Algeri circa 30.000 algerini sparirono con le stesse modalità con cui sparirono i desaparecidos in America Latinanegli anni settanta. Durante quella guerra infatti i paracadutisti francesi del colonnello Marcel Bigeard misero a punto tecniche che sarebbero state tramandate ai militari argentini, anche durante corsi tenuti proprio tra le aule e i campi di addestramento della École Militaire.
Caro Henry, a noi e a quelli come noi il carcere non piace, la tortura o altre violazioni dei diritti umani ancor meno. Non vorremmo mai che a quelli come te venisse riservato lo stesso trattamento che avete previsto per coloro i quali osarono sognare un altro mondo possibile, differente dal vostro.
E non ci aspetteremmo certo che tu o qualcuno di loro chiedeste scusa ad ogni singola vittima, ogni singola scusa accompagnata da ogni singolo nominativo, chissà quanti giorni vi occorrerebbero.
Non opteremmo neanche per un metodo di kubrickiana memoria, ossia fissarti le palpebre e costringerti alla visione delle decine di film o documentari che hanno fatto conoscere le violenze sui dissidenti.
No, piuttosto da incalliti sognatori ci piacerebbe vederle risorgere quelle persone, come zombie dal volto umano, uscire dalle viscere della terra, aggregarsi in corteo, imbracciare chitarre, flauti di pan ed altri strumenti della tradizione sudamericana, capeggiati da Victor Jara, Violeta Parra, Alfredo Zitarrosa, con gli Inti-Illimani, i Los Calchakis, i Quilapayún, tutti, proprio tutti, passare da casa vostra, dai palazzi del potere che ancora omettono le responsabilità e cantare ad oltranza, danzare, farvi impazzire con la loro gioiosa, creativa, tenace capacità di immaginazione e resistenza, quella che avete pensato di ridurre in silenzio e che per un poetico, paradossale contrappasso vi farebbe disperare per il dispiacere di non averla potuta sterminare.
Ci piacerebbe parlare con te di tutto ciò, magari con un buon whiskey in un vecchio bar di campagna, emulando innumerevoli scene di cinematografia made in USA, dove due persone di vedute opposte si svelano senza inibizioni. Aspettandoci, però, che almeno per una volta ti venga la voglia di pagare il conto”.
Ciccio Zamorano
(a Vincenzo Fonti)
Foto Maghweb – ESMA – Escuela de Mecanica de la Armada – Buenos Aires novembre 2018.
Oggi la ex ESMA è stata trasformata in un museo per la memoria, la promozione e la difesa dei diritti umani