Compie 20 anni la legge 109/96, la norma che prevede il riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati alle mafie.
La legge, approvata il 7 marzo 1996 in tempi record dal Parlamento, nasce da una petizione di Libera che solamente in un anno aveva raccolto 1 milione di firme a sostegno della sua proposta. In 20 anni il bilancio, nonostante alcuni problemi, è sicuramente positivo. Sono migliaia gli immobili che prima ingrassavano il patrimonio mafioso e che oggi sono scuole, caserme, asili, sedi di associazioni e cooperative. Proprio queste assegnazioni, al netto dei ritardi, degli ostacoli burocratici e nelle ombre nella gestione di alcuni beni, sono la più grande cartina tornasole del successo di una legge che oggi compie 20 anni e che ha rappresentato un decisivo spartiacque nella lotta alla criminalità organizzata. L’importanza della legge 109 non è data solo dal riscontro economico dell’utilizzo di beni di provenienza illecita e che ora sono stati immessi nel circuito legale, ma perché è riuscita ad unire il momento repressivo della lotta alla mafia, con la confisca di migliaia di beni mobili e immobili, con il momento educativo e preventivo, con la creazione di presidi di legalità in luoghi che, anche simbolicamente, arricchivano le mafie.
In occasione del ventennale dell’approvazione della legge, Libera ha organizzato decine di eventi in tutta Italia nel quadro dell’iniziativa “BeneItalia. Beni confiscati restituiti alla collettività” una giornata dedicata ad una riflessione e un dibattito sul tema, non solo per raccontarsi i risultati raggiunti ma soprattutto per analizzare le criticità e proporre nuovi interventi.