Dal 28 aprile la Colombia si è tinta di sangue. Esprimiamo indignazione davanti alla violenza della polizia mentre un popolo sfida la paura di godere di un diritto fondamentale: quello di protestare contro il proprio governo. Allo stato attuale le proteste innescate dalla proposta per la riforma fiscale ne hanno causato il ritiro da parte del governo. Il prezzo di questa conquista sono le cifre che ci arrivano dalle compagne di Amiga Joven: 1.443 casi di violenza da parte delle forze di sicurezza, tra i quali si contano stupri, arresti arbitrari, uccisioni e aggressioni, che molto dicono sulla violenza della polizia colombiana, che ormai è fuori controllo.
A fare le spese della militarizzazione del Paese e della repressione della polizia sono i civili, le organizzazioni sociali che sono scese in piazza e in parte persino i funzionari delle Nazioni Unite. Juliette Rivero, l’alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani in Colombia, denuncia infatti l’attacco e le minacce della polizia verso i membri della commissione, senza alcun rispetto per gli accordi internazionali, dimostrando come la violenza della polizia abbia oramai superato ogni limite.
Il massacro non è limitato nemmeno dalla presenza delle Istituzioni Internazionali, quelle stesse istituzioni con cui collaborava Mario Paciolla, il collaboratore della missione ONU ritrovato senza vita il 15 luglio 2020, per cui ancora attendiamo giustizia.
Non possiamo rimanere indifferenti e girarci dall’altra parte mentre un popolo viene massacrato, mentre resiste a un governo ingiusto.
Condividiamo il comunicato di Corporación Amiga Joven e Colectiva Autónomas a supporto della gioventù colombiana e diretto alla comunità internazionale.
Medellín – Colombia, 4 Maggio 2021
Comunicado della Corporación Amiga Joven e Colectiva Autónomas
La pandemia da covid-19 ha reso evidente in Colombia lo stato e la violazione dei diritti fondamentali: cibo, alloggio, salute, educazione. Dall’inizio di questa crisi sanitaria vari settori della popolazione, bambine/i, giovani, contadine/i, organizzazioni sociali e comunitarie, studentesse/ e studenti, operaie e operai, popoli indigeni, movimenti femminili e femministi, movimenti LGTBI+, in particolare, hanno espresso in modi diversi la necessità che il governo nazionale affronti in maniera globale questa crisi, che riconosca la diversità dei contesti sociali per le misure da attuare e soprattutto che approvi il reddito minimo. Queste richieste non hanno avuto una risposta soddisfacente per il popolo, e invece, ci sono state proposte di riforme come quella fiscale, sul lavoro, sulla salute in un paese ricco di risorse naturali, ma che paradossalmente è tra i Paesi più poveri del mondo, e che in più con fatica tenta di raggiungere la pace.
Questo progetto di riforma fiscale colpisce i diritti più elementari, per questo senza alcuna distinzione tra partiti politici siamo scesi in piazza per rifiutare la riforma tributaria e gli abusi di questo governo, per gridare le implicazioni che avrebbe questa riforma se fosse approvata. E per dire all’Uribismo che non siamo d’accordo con la sua filosofia di guerra che influenza tutte le azioni riguardanti i diritti umani in Colombia.
Repressione, repressione e manganello! È stata la risposta del governo attraverso forme di violenza: interruzione dei cortei da parte dell’ESMAD, intervento della polizia con atti di violenza fisica, uso eccessivo di armi da fuoco, violenza sessuale contro le donne, intimidazioni, sparizioni, arresti illegali, omicidi di manifestanti, uso di armi da fuoco da parte di “civili” (in un Paese dove il porto d’armi è illegale), incendio di case e mezzi di trasporto, persecuzione e militarizzazione delle città.
Questi i numeri a livello nazionale della repressione nel periodo dal 28 aprile al 4 maggio 2021:
1.443 casi di violenza da parte delle forze di sicurezza, di cui
216 vittime di violenza fisica
31 omicidi
814 detenzioni arbitrarie dei manifestanti
239 interventi violenti in risposta a proteste pacifiche
21 persone ferite agli occhi
77 casi di colpi d’arma da fuoco
10 vittime di violenza sessuale
Queste azioni sono tipiche dei Paesi sotto dittatura e hanno dato prova del disinteresse del presidente Iván Duque a negoziare con una società che merita il dialogo come possibilità di affrontare i problemi strutturali che la Colombia vive, lontano dal linguaggio delle armi e della repressione.
Amiga Joven e Colectiva Autónomas esprimono la preoccupazione che il governo colombiano faccia dei giovani un obiettivo militare, ordinando questo uso eccessivo della forza e legittimando le aggressioni sessuali contro le donne come meccanismo di repressione. Queste situazioni sono un chiaro esempio della mascolinità predominante in queste istituzioni di polizia e nell’ESMAD che reprimono con manganello e pistole per ristabilire l’ordine, rafforzando la loro “virilità” e, quindi, il loro esercizio del potere.
Amiga Joven e Colectiva Autónomas esprimono la preoccupazione per la violazione del diritto all’informazione, visto che i media egemoni come RCN, Caracol, La W, Blue Radio, tra gli altri, distorcono la realtà, promuovono messaggi di paura e odio che incitano alla violenza e che, a loro volta, ritengono responsabile la società civile, minimizzando e stigmatizzando l’obiettivo e il significato di questa manifestazione sociale.
Amiga Joven e dal Collettivo Autonomo rifiutano questa violenza che ricorda i tempi del conflitto armato in Colombia, che getta sale su ferite non ancora chiuse, che altera la salute mentale di bambini, giovani e adulti, che fa sì che le madri continuino a perdere figli e figlie in questa violenza.
Giovani Colombiani e Colombiane: da Medellin, Amigas Jóvenes e Colectiva Autónomas auspiacano che i giovani alzino la voce, alziamo la testa per dimostrare che non accetteremo più la violazione dei nostri diritti, che meritiamo un Paese dignitoso e un approccio alla pandemia che parta dalla lettura di tutti i contesti sociali e dalla garanzia dei nostri diritti fondamentali. Quindi, no alla riforma fiscale, sanitaria e a tutte le riforme che minacciano questi diritti.
Chiediamo alla comunità internazionale di puntare i riflettori su questa crisi umanitaria che la Colombia sta vivendo.