Appena un anno fa la Colombia (e con lei il mondo intero) non era ancora stravolta dalla pandemia sanitaria eppure si trovava a fare i conti con una sfida che, in maniera costante, la affligge da più di 50 anni. Il conflitto armato, che ha coinvolto diversi attori nelle sue varie fasi, ha sfiancato la società colombiana fino a diventarne una malattia strutturale. Dopo un negoziato durato quattro anni nel 2016 il governo colombiano di Juan Manuel Santos ha stipulato a L’Avana un accordo di pace con le FARC, il più consistente gruppo guerrigliero che ha operato nel paese durante tutto il conflitto. Un ulteriore ostacolo è però emerso a scompaginare il cammino già tracciato: dall’elezione di Ivan Duque, delfino del potente ex presidente Alvaro Uribe, il percorso di implementazione degli accordi si è pressoché interrotto. Proprio a gennaio di quest’anno, prima che il mondo fosse scosso dalla pandemia, abbiamo incontrato a Medellín Edward Alexander Niño Viracachá, attivista impegnato nei barrios popolari nella costruzione di un futuro migliore per le nuove generazioni, e gli abbiamo chiesto di guidarci nella comprensione del processo di pace, esponendoci lo stato dell’arte, gli attori coinvolti, le problematiche che continuano ad affliggere il paese e le sfide per il futuro. Proprio mentre pubblichiamo la sua intervista il movimento comunitario definito “la minga indigena” è giunto dopo una lunga marcia nella capitale Bogotà per rivendicare pace, garanzie per i popoli indigeni e rispetto dei diritti umani. Nonostante ogni giorno venga ucciso almeno un leader sociale nel paese, il popolo colombiano continua a lottare a testa alta. La Colombia è diventata negli ultimi anni una seconda casa per Maghweb e per questo ci uniamo alle parole finali di Edward: la solidarietà internazionale può e deve sostenere il popolo colombiano, affinché si riprenda il processo e si ponga la parola fine a un conflitto fin troppo longevo.