“Pedalo ogni sera, perché stare in bicicletta mi dà una sensazione di maggiore sicurezza mentre attraverso strade che, soprattutto al buio, sento poco sicure. Una sera, però, mi sono ritrovata a tornare a casa senza bici e a camminare da sola, finché non ho notato che un uomo mi seguiva. Più cercavo di accelerare il passo, più mi tormentava il pensiero: perché ho lasciato la bici a casa? Invece di concentrarmi su come avrei potuto mettermi al sicuro, il senso di colpa paralizzante mi portava continuamente a chiedermi perché avessi scelto di muovermi a piedi in un orario in cui il rischio di incontrare situazioni del genere è sempre dietro l’angolo.
Mentre mi perdevo in questo vortice di pensieri, una donna in bicicletta ha rallentato per affiancarmi. Aveva osservato da lontano la scena e senza esitazione si era offerta di accompagnarmi per il resto del tragitto. È stato un momento di sorellanza, un gesto semplice e potente che mi ha fatto riflettere su quanto pedalare sia diventato per me un atto di autodeterminazione, una sorta di empoderamento che non può essere però la soluzione definitiva per tutt3, né risolve il problema alla radice: gli uomini devono capire che le donne non sono oggetti sessuali”.
Testimonianze come questa, raccolte all’interno di uno spazio di confronto collettivo tra l3 partecipanti di This must be the place, restituiscono in modo inequivocabile tutto il valore di cui la bicicletta si fa portatrice: oltre a essere un mezzo di trasporto ecologico, rappresenta per molte persone un indispensabile strumento di emancipazione e libertà.
Tuttavia, anche l’uso della bicicletta nelle città riflette una marcata disparità di genere. A livello globale, le cicliste sono in numero significativamente inferiore rispetto ai ciclisti. Le cause di questa disuguaglianza risiedono in una combinazione di fattori, come la sicurezza percepita, la scarsa adattabilità delle infrastrutture alle esigenze di chi ha carichi di cura familiari, e le norme sociali che ancora condizionano il comportamento delle donne nello spazio pubblico.
Le donne, infatti, esprimono una particolare sensibilità ai rischi del traffico e al timore delle molestie di strada, due fattori che contribuiscono a rendere meno accessibile la bicicletta, evidenziando l’esigenza di infrastrutture ciclabili che in fase di progettazione tengano conto delle loro esigenze.
Le testimonianze ascoltate, unite ai dati pubblici sul problema delle molestie a bordo dei mezzi pubblici – secondo l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (FRA) il 55% delle donne in Europa ha subito molestie sui mezzi pubblici – dimostrano quanto il desiderio di uno spazio pubblico realmente inclusivo e sicuro sia ancora lontano. Ogni giorno le donne si scontrano con gesti e atteggiamenti che affermano implicitamente (e talvolta esplicitamente) il presunto diritto degli uomini a dominare lo spazio pubblico relegando le donne in una condizione di marginalità o insicurezza.
Questa dinamica si manifesta anche, e forse in modo ancora più evidente, per chi usa la bicicletta come mezzo di trasporto e di indipendenza. La vulnerabilità delle cicliste viene sfruttata da uomini che percepiscono la loro presenza come un’intrusione, o peggio, come un’occasione per esercitare un’aggressività mirata. Dal catcalling agli approcci fisici non consensuali, fino al tentativo di intimidazione con i mezzi motorizzati, l’aggressività rivolta alle donne che scelgono di muoversi in bicicletta si inserisce in un sistema radicato che fa leva su un presunto possesso maschile dello spazio e del controllo sociale.
La bicicletta rappresenta una forma di libertà per le donne (anche se non per tutte, le donne con disabilità motorie non possono far uso di questo mezzo), ma finché non ci sarà un cambiamento culturale profondo, rimane anche un campo di battaglia simbolico dove si lotta, ancora una volta, per il semplice diritto di esistere nello spazio pubblico senza essere intimidite, violate o ridotte a oggetti.
This must be the place è un progetto di educazione per l3 adult3 e per l’inclusione delle donne e delle soggettività LGBTQIA+ nello spazio pubblico realizzato con il sostegno dell’Agenzia Nazionale Erasmus+ INDIRE nell’ambito del programma “Cooperation Partnerships in Adult Education”.